Cara (cara…è solo formalità) Morte, ti scrivo dalla stanza della Vita, perché è l’unica che io conosca, è la stanza dove abito, dove amo, dove lavoro, dove medito.
Ho sentito spesso parlare di te: qualcuno ti chiama “Sorella”, altri ti paragonano alla vita che cambia vestiti ormai logorati, altri ancora ti vogliono sconfiggere in mille modi, alcuni mi dicono che fai parte del ciclo di vita, ma fatico a credere che la parola “vita” sia onnicomprensiva di “morte”. Io, però, non ti ho mai conosciuta di persona: ma, chi mi è vicino ti ha ben descritto …qualcuno ti ha “visto in faccia”, così dicono. Non sei per nulla carina, per nulla bella, per nulla gentile. Però, a queste persone, hai lasciato di colpo le loro mani e sono tornate alla vita. Ogni tanto riappari nella mia vita: vieni a prenderti qualcuno a me caro, a volte sono corpi e cuori che sapevano ben vivere nel mondo della vita, altre volte sono corpi e cuori così giovani che ancora non avevano sperimentato questo mondo. E così hai fatto pochi giorni fa: sei spuntata all’improvviso. Sempre con la tua consueta irruenza che lascia in pianto coloro che sfiori. Riesci a inondare di buio il dì e la notte; riesci a catapultare la mente nel luogo più profondo di noi e rinchiuderla lì, fra mille paure e angosce. Ci costringi a fare i conti velocemente: i conti spesso non tornano, sai; avremo bisogno di più tempo, di più sorrisi, di più gioia, di più denaro, di più amore, di più lavoro, di più contentezza, di più felicità, di più realizzazione.
Ci costringi a chiederci il senso della vita quando sentiamo i tuoi brividi nel corpo; ci costringi a domandarci chi siamo e dove siamo e quali sono i nostri riferimenti vitali e quanto amiamo e quanto doniamo nel momento in cui l’uomo è più debole e fragile , bisognoso del bene primario, lo lasci pronunciare la frase “Ho sete” e poi, egoisticamente, te ne vai con un corpo in più. Ma come ti permetti? Tu, Morte, in quel momento diventi maestra di Vita. Già: ciò che tu vuoi, la vogliamo anche noi. Così, nel mio pregare, continua a emergere il senso semplice e quotidiano della vita, con altrettanta forza e determinazione, con la medesima irruenza e potenza. In questi ultimi mesi, tutta la Terra popolata da uomini di buona volontà ti ha urlato in faccia, con profondo dolore, con il biancore intristito e itterico che nel mio immaginario rappresenti. E sto cambiando punto di vista. Stai diventando energia che rapisce i corpi e che lascia in solitudine altri corpi terreni, ma lentamente ti trasformi e apprendo con l’anima che sei un ponte che unisce due Vite con amori diversi: la prima vita fatta di carne, emozioni, relazioni, corpo, lacrime, denaro, cibo, vestiti; la seconda di polvere angelica. Scelgo di non aspettarti, ma di vivere ciò che sono chiamata a vivere ora, qui, adesso. Non attendo che sia più facile, più gioioso, più bello, più realizzabile. Vivo ora, intanto, la prima vita.
Con il suo pieno e vuoto, gioia e tristezza, silenzio e parole, vivo con l'imperfezione umana che questa stessa vita esalta e nutro l'anima e il corpo mentre intreccio fili dorati con gratitudine e amorevolezza.
Con affetto (non formale), Marisa Storgato ❥E, TU, CHE LEGGI, COSA SCEGLI?❥
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